Qualche anno fa partecipai a un programma radio, credo fosse su rai radio 3. Come ospite c’era anche un corrispondente italiano da Mosca (io lavoravo per il The Moscow Times, giornale in lingua inglese pubblicato a Mosca). Il tema della conversazione era “Nashi” (i Nostri), un gruppo giovanile creato dal Cremlino per ostacolare le manifestazioni di piazza a Mosca e nelle altre città della Russia. Al Cremlino avevano persino avuto l’idea di addestrare militarmente un’unità armata di “Nashi”, chiamata “Nasha Armya” (il nostro esercito), da affiancare alla milizia per stroncare qualsiasi protesta durante il periodo elettorale. “Nashi” erano presenti a tutte le manifestazioni di piazza ed era un gruppo pericoloso: a loro tutto era permesso, ai manifestanti contro il regime no.
Mi stupii quando il noto corrispondente da Mosca definì i “Nashi” come un “innocuo movimento giovanile”, “come quei giovani che vanno allo stadio la domenica per appoggiare la loro squadra del cuore.” Pensai che il giornalista non parlasse russo e non avesse capito cosa succedesse veramente nelle strade di Mosca quando la gente scendeva a protestare e doveva fare i conti con la milizia e con la “Nasha Armya”. Io avevo visto entrambi in azione e vi assicuro non era stato un bello spettacolo.
Il corrispondente però alzò la voce. Mi accusò di vedere complotti dappertutto. Quando la diretta finì, tirai un sospiro di sollievo e mi ripromisi di non partecipare più a quei programmi in cui chi urla vince. È uno sport in cui non ho mai eccelso.
Raccontai dell’episodio a una mia fonte. Gli dissi come fosse possibile vivere nella stessa città e avere percezioni così diverse della realtà. La mia fonte scosse la testa e rise. Mi raccontò di quanti giornalisti italiani e di altri paesi occidentali fossero al soldo del Cremlino.
“Non devono per forza difendere il Cremlino. Devono solo astenersi dal criticarlo nelle cose delicate per il potere. “Nashi” lo è.”
Con “Nashi” il Cremlino voleva non solo fermare qualsiasi forma di protesta, come la rivoluzione arancione del 2004 in Ucraina, ma anche mostrare ai russi che i giovani per bene scendevano in strada, perché sostenevano Vladimir Putin, lo amavano. E questo legittimava qualsiasi broglio elettorale.
In quel momento capii che il giornalista non era poi così ingenuo. Chiesi alla mia fonte come pagassero. E mi spiegò che oltre ai soldi, questi giornalisti avevano accesso a interviste esclusive con il potere. I loro figli o figlie erano ricompensati con posti di lavoro in enti prestigiosi. All’Fsb, l’erede del Kgb sovietico, c’era un dipartimento che si occupava di questo.
Lo stesso discorso valeva per i politici. Il Cremlino era generoso con molti politici italiani ed europei. In cambio ricevevano compensi in dollari per consulenze mai fatte e appoggio politico alle elezioni.
Oggi mi è tornata in mente questa vecchia discussione su “Nashi”, perché sono tante (troppe) le voci di politici, giornalisti, opinionisti che in questo momento in Italia si affannano a difendere una guerra assurda e ingiusta. Vorrebbero che l’Ucraina si arrendesse al Cremlino (che le costa?). In realtà, vorrebbero tornare a quel passato in cui loro erano sazi e ben protetti.