Ho amici a Kiev, in Ucraina. Le immagini che vedete delle bombe che cadono, dei civili colpiti sono tutte vere. Non è un film. Non lo è. Potete capire la paura di queste persone. La mattina tiro un sospiro di sollievo quando vedo i loro WhatsApp. Sono ancora vivi, mi dico.
Gli ucraini condannano il dittatore Vladimir Putin per quello che sta facendo al loro Paese. Aiutano però i giovani militari russi che stanno disertando (è vero, non è una fake news, lo stanno facendo). Capiscono che quei giovani, come loro, sono vittime di questa guerra.
Mio marito è russo (nonna ucraina) e io ho la doppia cittadinanza russo italiana. Ho solo ricevuto messaggi d’amore e non di odio da fratelli e sorelle ucraini.
Non è così però in Occidente.
In Italia leggo di professori a cui chiedono di non insegnare la letteratura russa; di fiere che non fanno partecipare gli editori russi; di gente che chiede persino di buttar giù la statua di Dostoevskij a Firenze, etc. etc.
In Germania la giovane figlia di un amico russo (nata in quel paese) è stata sommersa da insulti. In Inghilterra è successa la stessa cosa alla bambina (10 anni) di altri amici russi.
Nei social i post contro i russi abbondano. In un Occidente non colpito dalle bombe siamo tutti pronti a odiare. Non contro chi il male lo fa, ma contro chi il male lo subisce. Putin in una settimana ha distrutto l’Ucraina e l’economia russa degli ultimi vent’anni. E noi odiando i russi non stiamo fermando Putin (che va fermato) ma lo stiamo aiutando a portare avanti il piano di distruzione del suo paese.
«Putin sta costruendo un bunker attorno alla Russia. Un bunker in cui saremo rinchiusi assieme a lui», queste sono le parole di un amico moscovita.
«Mi sembra di essere su una nave e so che affonderà.» Altro messaggio da Mosca.
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