Un nuovo documentario racconta la tradizione del Blues

Francesca Mereu, Birmingham, Alabama.

Il Blues Magazine

La tradizione blues dell’Alabama —meno conosciuta di quella del Mississippi, ma non per questo meno ricca— è la protagonista di un nuovo documentario della TV pubblica americana: Alabama Black Belt Blues, diretto da Robert Clem e coprodotto da Roger Stephenson.

Un bellissimo documentario che, partendo dai tempi delle piantagioni di cotone e arrivando ai giorni nostri, mostra come il blues svolga ancora un ruolo importante nella vita degli afroamericani dell’Alabama. Sono, infatti, i musicisti neri i veri protagonisti del documentario di Clem, quelli che portano lo spettatore in locali sconosciuti ai più in cui il blues si suona come una volta.

«È un blues grezzo quello che ho trovato in Alabama», dice il regista Clem, che vive nello stato di New York, ma è originario di Birmingham.

La tradizione blues in Alabama è nata nella Black Belt, terra fertile in cui, prima della guerra civile, abbondavano le piantagioni di cotone.

«È difficile dire se tra il blues del Mississippi e quello dell’Alabama ci sia una differenza di stile. Il blues del Mississippi è divenuto famoso e negli anni si è commercializzato ed evoluto dalla fonte originale. In Alabama, invece, questo non è accaduto: il blues è rimasto più rurale e in un certo senso più vicino alle origini. Anche i juke joint in Alabama sono ancora quelli di una volta, com’erano nel Mississippi cento anni fa. Il blues dell’Alabama è un blues che parla ancora della vita dei neri americani, come faceva nel passato», spiega il regista

All’inizio, il documentario doveva concentrarsi sulle registrazioni fatte dai folcloristi John e Alan Lomax, per la Library of Congress, nell’Alabama degli anni Trenta e Quaranta, ma poi Clem ha pensato che sarebbe stato un film noioso.

«Avrei avuto perlopiù esperti bianchi a parlare di musicisti neri del passato. Musicisti molto importanti, persone che hanno dato il loro contributo alla storia del blues, [come Vera Hall e Zebediah “Doc” Reed], ma volevo girare un film in cui si parlava anche del blues di oggi e del suo significato attuale.»

A Birmingham, Clem ha incontrato Roger Stephenson, fotografo, organizzatore di eventi blues, e vicepresidente della Magic City Blues Society, un’associazione non a scopi di lucro che dal 1993 promuove la cultura blues in Alabama.

«Roger mi ha messo in contatto con tutte le persone che oggi suonano il blues in Alabama e ho modificato il formato», dice Clem.

Il documentario si divide infatti in due parti: quella storica con interviste a esperti di blues e quella moderna in cui sono i bluesmen a farla da padrone.

«Ho lasciato che i bluesmen si presentassero al pubblico, che fossero loro a parlare del blues e del significato che ha questa musica nella loro vita.»

Molte scene sono girate nei juke joint della Black Belt e di Birmingham.

«Ho trovato dei musicisti eccellenti, basta guardare le scene delle loro performance. Non sono musicisti famosi, ma non per questo meno bravi. Hanno, poi, una storia da raccontare. Storie molto interessanti. Non volevo fare il solito film sul blues, ma mostrare qual è il ruolo del blues ora», spiega Clem.

Roger Stephenson, che i lettori de Il Blues conoscono per le sue belle fotografie, vive a Birmingham da diciotto anni.

«Amavo il blues, ma ho iniziato a occuparmene seriamente quando mi sono trasferito in Alabama. Qui ci sono così tanti bravi musicisti che è impossibile non innamorarsi di questa musica. Sono diventato membro della Magic City Blues Society e ho conosciuto più da vicino i musicisti», racconta Stephenson, che ha anche girato alcune scene del documentario.

Ho chiesto a Roger Stephenson come può un viaggiatore trovare dei posti autentici in cui ascoltare del buon blues.

«Su internet si trovano solo i concerti dei musicisti più famosi, ma se si vuole ascoltare il blues del posto, quello vero, consiglio di contattare la Blues Society e chiedere loro quali sono i locali in cui andare. Sono spesso posti che non hanno un sito web e neanche una pagina Facebook. Per quanto riguarda l’Alabama, noi della Magic City Blues Society abbiamo tutte le informazioni. Nessuno riuscirebbe a trovare il Red Wolf senza il nostro aiuto.»

Il Red Wolf è un juke joint della West side di Birmingham (vedi Il Blues n°134) in cui alcune scene del documentario sono state girate. Oltre al Red Wolf il documentario ci porta al Gip’s Place, un juke joint storico (vedi Il Blues n°126) e nei juke joint dei paesini della Black Belt, cioè a Boligee, a Panola e a Union.

Tra gli artisti contemporanei troviamo Willie King, “Birmingham” George Conner (vedi Il Blues n°137), Jock Webb (vedi Il Blues n°125), Clarence “Bluesman” Davis (vedi Il Blues n°135), Sam Frazier (vedi Il Blues n°133), Earl “Guitar” Williams (vedi Il Blues n°138), B. J. Reed, Michael Carpenter, Little Lee (vedi Il Blues n°150), Candy Martin Shines, e il giovanissimo Nigel Speights.

Il documentario dura 57 minuti, il formato richiesto dalla TV pubblica, ma Robert Clem sta lavorando a una versione più lunga del film da presentare ai festival in Europa.

«C’è ancora tanto da raccontare», dice Clem.

E noi aspettiamo il seguito.

 

È possibile guardare il documentario in streaming nel sito della TV pubblica: https://aptv.org/alabama-blackbelt-blues/

Per ascoltare il blues dell’Alabama, seguite Alabama Blues, il Podcast della Magic City Blues Society di Birmingham.

 

 

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