Il Blues… al tempo del coronavirus

Francesca Mereu

Il Blues Magazine

Concerti e festival cancellati, o posticipati, locali e ristoranti che, nonostante inizino ad aprire, ancora non offrono musica dal vivo. L’epidemia da coronavirus ha lasciato molti artisti blues a casa, senza lavoro. Abbiamo raggiunto alcuni musicisti del Sud americano e gli abbiamo chiesto di raccontarci la loro quarantena e i progetti per il futuro.

 

Lightnin Malcolm
Steve Lightnin’ Malcolm, foto di Roger Stephenson

 

 

Steve Lightnin’ Malcolm, nato nel Missouri, vive a Holly Springs, nel Mississippi.

Sto cercando di fare del mio meglio. Con R. L. Boyce dovevamo partire per un tour lungo la East Coast, New York compresa, ma abbiamo dovuto rimandare tutto. Chissà quando riusciremo a farlo. Per ora non se ne parla. Nessuno sa quando questa epidemia finirà. Credo sia meglio seguire i consigli degli esperti e tenere la distanza sociale, pertanto qualsiasi evento musicale potrebbe essere pericoloso, soprattutto per il pubblico. Noi musicisti possiamo suonare tenendo la distanza, ma come si fa con il pubblico?

Non riesco a starmene con le mani in mano. Devo suonare. Con altri artisti organizziamo spesso dei concerti in diretta streaming su Facebook. Non guadagniamo quasi niente. Ci divertiamo tantissimo e questo basta. Il programma e le registrazioni le trovate sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/lightnin.malcolm

Mi diverto a fare una serie di concerti che chiamo Live in the Jungle. Ne ho fatto uno con Cedric Burnside e diversi con R. L. Boyce. Siamo nel Mississippi, all’aperto, ascoltateci!

Devo dire, comunque, che questa pandemia mi ha insegnato molte cose. Prima di tutto a essere grato di ogni nuovo giorno, ad apprezzarlo e anche a non dare mai niente per scontato.

Il tempo libero dai concerti mi ha anche permesso di concentrarmi sul mio nuovo CD intitolato Turnt up on Loud. Devo lavorare su alcuni dettagli e fra un po’ sarà pronto.

Un’altra bella cosa: mi sto godendo mio figlio. Amo passare il tempo con lui, vederlo crescere. Prima ero sempre in giro a suonare e non potevo farlo. Insomma, sono felice.

(Qui potete leggere la storia di Steve Lightnin’ Malcolm)

 

Diedra
Diedra, foto di Roger Stephenson

 

Diedra Ruff, nota come The Alabama Blues Queen, è nata a Norfolk, in Virginia, vive a Birmingham in Alabama.

Cerco di tenermi mentalmente occupata e non è facile. Avevo in programma diversi festival in Virginia, nel Nord Carolina e nel Sud Carolina, ma sono stati tutti cancellati. Dal punto di vista finanziario è molto dura. Per fortuna, sono stata contattata da E. C. Scott, l’artista blues che ha fondato la The Blues Television Network (mio marito Keith Ruff ha suonato con lei). The Blues Television Network ha iniziato a fare delle mascherine e a donarle a medici, infermieri, pompieri, veterani, e case di riposo. Diversi artisti blues sono stati coinvolti nell’iniziativa e io sono una di loro. E. C. Scott mi ha chiesto di rappresentare l’Alabama e lo faccio con molto piacere. Ho organizzato una cosiddetta Blues Mask Brigade, una squadra di tutte donne. Ho trovato uno spazio in cui cucire le mascherine. La The Blues Television Network ci ha dato soldi e materiale. Abbiamo finito la prima serie di mascherine e le abbiamo donate a un centro di riabilitazione di Talladega (cittadina dell’Alabama, ndr). Ho saputo, per caso, tramite Facebook, che il centro ne aveva bisogno e gliele abbiamo portate. È stato molto bello.

È molto facile in questo momento chiudersi in sé, farsi prendere dalla paura e focalizzarsi solo sui problemi e le cose che non vanno. L’iniziativa della The Blues Television Network mi ha tirato su.

Speriamo che con il caldo il virus muoia. Per ora, da noi, in Alabama, i numeri continuano a salire.

(Se volete seguire Diedra questa è la sua pagina Facebook https://www.facebook.com/diedra.hurdle, questo è invece il suo sito http://www.diedrablues.com)

 

Robert Kimbrough pic
Robert Kimbrough Sr., foto di Roger Stephenson

 

Robert Kimbrough Sr., vive a Holly Springs, nel Mississippi

Sto molto bene, nonostante siano tempi molto difficili per gli artisti. Tutti i concerti e festival sono stati cancellati e siamo senza lavoro. Non è facile pagare le bollette. Faccio spesso delle dirette streaming su Facebook (https://www.facebook.com/robert.kimbrough.94064), ma non si guadagna niente. Le faccio, però, perché ho bisogno di suonare.

Ho dovuto rimandare il festival che organizzo in memoria di mio padre, Junior Kimbrough, a settembre (dal 25 al 27). Spero almeno allora si possa fare. Ci tengo molto a portare avanti la tradizione del Cotton Patch Soul Blues di mio padre e mi metto nelle mani del Signore.

La cosa positiva di questo strano periodo è che ho avuto la possibilità di concentrarmi sulla musica e di creare, comporre dei nuovi blues. Credo di avere presto qualcosa di nuovo da presentare al pubblico.

(Qui potete leggere la storia di Robert Kimbrough Sr.)

 

 

Jontavious Willis pic
Jontavious Willis, foto di Roger Stephenson

 

Jontavious Willis, 24 anni, della Georgia. È stato in diversi tour con Taj Mahal e Keb’ Mo’. Taj Mahal lo ha definito come «una nuova gran voce del ventunesimo secolo nel blues acustico.»

Sto cercando di usare questo periodo di forzato riposo al meglio. Sto imparando un sacco di cose: studio musica, affari internazionali, sto imparando a suonare il pianoforte, il portoghese (in video chat con un amico), a cucinare e anche a tagliarmi i capelli che non smettono di crescere (ride).

Scherzi a parte, è bello avere del tempo e ne approfitto per sperimentare con la musica, per giocare con i diversi stili di blues e capire cosa funzioni meglio per una canzone. Tutte cose che non potevo fare prima per via della fretta e degli impegni. A volte scrivevo una canzone in due settimane, ora ho tutto il tempo che voglio e mi piace.

Mi piace anche suonare in diretta streaming. Posso comunicare con i miei fan, avere il loro feedback (https://www.facebook.com/JontaviousWillis/).

Ho dovuto rinunciare a diversi appuntamenti, a maggio avrei dovuto essere in Spagna e in Inghilterra; a giugno a Chicago e in Virginia; a luglio in Francia e Danimarca. Non so cosa ne sarà di questi appuntamenti, ma non sono dispiaciuto, ce ne saranno degli altri.

Ora sono felice di stare con i miei in Georgia. Era da tanto che non trascorrevo del tempo con loro e mi mancavano.

(Qui potete leggere la storia di Jontavious Willis)

 

 

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Bill Abel, foto di Roger Stephenson

 

Bill Abel, di Belzoni, nel Mississippi Delta.

Vivo in campagna e sinora qui, per fortuna, non ci sono stati casi di coronavirus. È un posto molto sicuro, da quel punto di vista.

Sono a casa a registrare e a scrivere canzoni. Faccio delle dirette streaming su Facebook dal mio studio (https://www.facebook.com/bill.abel.73)

Questo periodo di quarantena mi ha dato la possibilità di concentrarmi su diversi progetti iniziati da più di tre anni e mai finiti per mancanza di tempo. Avrei voluto essere in quarantena con un percussionista, così avrei fatto di più, ma va bene lo stesso.

Sto lavorando a quattro progetti contemporaneamente. Quando finirò, avrò materiale per almeno otto CD.

Un progetto è un CD tutto strumentale, senza voce. Tutta musica originale. Ho sposato tamburi africani con l’Hill Country Blues. Mi manca solo una canzone per finire. Ho bisogno di un percussionista per registrarla. A questo punto, registreremo tenendo la distanza sociale.

Un altro progetto è un CD di blues spirituals. Ho preso le melodie di vecchi spirituals e le ho rielaborate.

Il terzo progetto è di electric slide blues in versione moderna. Anche in questo la musica è tutta originale.

Infine, sto lavorando a un CD che vuole essere un tributo a Blind Willie Johnson. Devo rifare due canzoni in cui ci sono errori di percussione. Ecco perché la quarantena con un percussionista sarebbe stata perfetta.

(Qui potete leggere la storia di Bill Abel)

Per sentire storie di blues e conoscere la musica di artisti del Sud, seguite il podcast di Parole, Musica e Dintorni (https://www.spreaker.com/show/parole-musica-e-dintorni)

 

 

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