
Francesca Mereu, Holly Springs, Mississippi
Fine giugno. Le temperature superano i trenta gradi, l’umidità l’ottanta per cento.
Abbiamo percorso circa trecento chilometri per arrivare da Birmingham (in Alabama) a Holly Springs, cittadina di quasi ottomila abitanti del Mississippi.
Ogni anno, tra Holly Springs e Oxford si tiene il North Mississippi Hill Country Picnic, un festival dedicato all’Hill Country Blues, stile tipico della zona.
L’Hill Country Blues è caratterizzato da pochi cambi di accordi, strutture non convenzionali delle canzoni ed enfasi nel “groove”, quel ritmo costante, veloce, ipnotizzante.
La musica di questa zona è diventata popolare negli anni Novanta grazie a musicisti come R. L. Burnside e David “Junior” Kimbrough.
Lasciamo la macchina nel parcheggio del nostro bed and breakfast, una casa stile italianate (italianizzante) del 1871, vogliamo visitare il centro della cittadina. Solo gli americani riescono a fare i turisti senza lasciare gli abitacoli delle loro macchine super condizionate, noi amiamo camminare.
Holly Springs nasce quando alcune famiglie di pionieri della Virginia e delle Caroline si stabiliscono, negli anni trenta dell’ottocento, nelle terre appartenute agli indiani Chickasaw.
Sono tante le case testimoni dell’economia di quegli anni, basata sulla coltivazione del cotone e lo sfruttamento degli schiavi. Case enormi di legno dipinto, o di solidi mattoni. Sedie a dondolo e tavolini in ferro battuto fanno bella mostra di sé nei front porch, le grandi verande sul davanti.
Incontriamo solo qualche gatto randagio che dorme pacifico sotto le ombre proiettate da querce e magnolie.
La piazza principale di Holly Springs sembra un concentrato di architettura del Sud: i tipici edifici in mattone a due piani, portici che riparano dal sole ristoranti e negozi. Entriamo in un negozio di antiquariato. Numerosi i pezzi indiani esposti: copricapi, asce, vestiti di donne e bambini, giocattoli, frecce. Il proprietario ci racconta che tutta la zona è piena di reperti indiani e lui ne è appassionato. Ci chiede da dove veniamo. Sono pochi i turisti in questa zona.
«Birmingham, Alabama», gli diciamo.
Un cliente di circa sessant’anni, pancia imponente, tuta di jeans, scarponi, ci racconta d’essere stato la settimana prima in un sobborgo di Birmingham, per la fiera delle armi.
«Vendere o comprare?» gli chiediamo.
«Entrambe le cose. Se vivi in una fattoria con molti acri di terreno intorno, hai bisogno di difenderti», ci spiega.
Finiti gli acquisti è subito tornato a Holly Springs.
«Troppo traffico per me da quelle parti. Non ho osato entrare in città. Sono un uomo di campagna, devo avere spazio per me e il mio pick-up.»
Gli raccontiamo di essere in paese per il festival del blues. Ne hanno sentito parlare, ma non ci sono mai stati.
«Siamo sempre vissuti separati noi e i neri. Loro hanno la loro cultura, noi la nostra», ci spiega il cliente. «Ha sempre funzionato così da queste parti.»
In una stradina laterale troviamo un altro Antique Store con angolo adibito a caffè. Il locale è uno stanzone pieno di mobili e utensili vari. Un armonico caos di oggetti usati (alcuni forse antichi), mischiati a creazioni di legno moderne e quadri di artisti locali.
I proprietari sono una giovane coppia del Nord capitata per caso a Holly Springs qualche anno fa.
«Era la prima volta che visitavamo il Sud. Ci siamo innamorati di questo posto e abbiamo deciso di rimanere», ci spiega la proprietaria.
Hanno comprato e restaurato l’edificio, un gioiello di mattoni a due piani.
Come in tante città e cittadine americane anche Holly Springs vive il cosiddetto “revival”: i giovani, stanchi dei sobborghi lontani dalle città, ripopolano i centri cittadini abbandonati dalla fine degli anni Sessanta.
«È un bel trend. Molti artisti vivono in questa zona», ci racconta la donna.
La sera nel locale si esibiscono i musicisti locali. La musica che si suona è l’Hill Country Blues e il Delta Blues.
Percorriamo 12 miglia di una strada diritta, quasi deserta che di Highway ha solo il nome. La tenuta che ospita il North Mississippi Hill Country Picnic si trova all’incrocio della Highway 7 e la Highway 310. Il parcheggio è in mezzo al bosco. Tante sono le tende e le roulotte piazzate dagli ospiti. Campeggiare, dicono, sia il modo migliore per assaporare appieno lo spirito dell’Hill Country Picnic.
Lo stage è una grande struttura ai confini di un enorme spazio verde in mezzo al bosco. Ombrelloni, tende parasole, coperte da picnic, e sedie pieghevoli sono dappertutto. Centinaia sono le persone arrivate da diverse parti del mondo e da diversi stati americani. L’atmosfera è quella di una festa di paese: sorrisi, strette di mano, e abbracci.
Il North Mississippi Hill Country Picnic, organizzato dal musicista Kenny Brown, dal 2006 si pone come scopo quello di promuovere lo stile di blues della zona. Lo stage è condiviso da artisti perlopiù discendenti delle due grandi famiglie di questo genere musicale: i Burnside e i Kimbrough.
«È l’evento più importante dell’anno per me», ci spiega Robert Kimbrough Sr., il figlio di David “Junior” Kimbrough. «Siamo come una grande famiglia unita dalla musica, dal blues. Quello che ascolterete qui è il vero blues, suonato nel posto dov’è nato.»
«Sì, siete la mia famiglia!» gli urla in risposta un uomo di circa settant’anni, bianco, magrissimo, camminata stanca. Ci racconta di vivere a poche miglia dal posto, in una fattoria di venti acri (circa nove ettari), senza famiglia o parenti.
«Ho detto ai Kimbrough e ai Burnside che se non dovessero vedermi a un evento musicale, di venire a cercarmi a casa, perché di sicuro mi è successo qualcosa.»
«Quando muoio voglio loro al mio funerale e non i miei parenti», ci dice.
Kent Burnside sale sul palco. L’uomo applaude felice: «È uno dei miei artisti preferiti è da tanto che non lo ascolto.»
Avevamo sentito diverse registrazioni di Kent, ma dal vivo è tutt’altra cosa: la voce è potente, le dita si muovono veloci tra le corde facendo uscire un ritmo che non dà tregua.
Dopo l’esibizione, Kent ci racconta di avere iniziato a suonare da bambino e come poteva essere altrimenti con un nonno come R. L. Burnside?
«Ascoltavo il nonno suonare. Sono cresciuto con il blues attorno a me. Suonavo in modo diverso dagli altri e il nonno mi disse che andava bene così, che non dovevo fare quello che facevano gli altri, ma sviluppare il mio stile. “Prendi un groove e portalo all’estremo, fino ad arrivare a creare il tuo stile”, mi diceva. E grazie a lui ho imparato a trasmettere con la musica quello che sento. Suono sempre con il cuore e sul palco do tutto me stesso, la gente lo sente e io sono felice.»
Gli chiediamo del suo modo particolare di suonare la chitarra: «Mio nonno usava le dita al posto del plettro e io faccio lo stesso. Uso il pollice per suonare ogni singola nota.»
Kent vive con la famiglia nell’Iowa.
«Ho divorziato e mi sono trasferito nel Nord. Ho trascorso tutta la vita nel Mississippi e volevo un cambiamento. Ho lasciato il lavoro (facevo l’ispettore alimentare per l’USDA, il dipartimento di agricoltura) e nell’Iowa ho studiato. Ora ho una nuova famiglia con figli che frequentano il college.»
Il Mississippi gli manca, ma ci torna spesso per suonare. La musica è per Kent l’occupazione principale, per arrotondare ha, però, un’agenzia immobiliare.
«Ho suonato in tutto il mondo: sono appena tornato dalla Svizzera e devo andare in Australia.»
Ci racconta di aver girato per gli States con Jimbo Mathus (l’artista che ha suonato con Buddy Guy) e di avere aperto per i concerti di Buddy Guy. Ora sta lavorando a un nuovo CD e si sta preparando per l’International Blues Competition di Memphis. Batterlo sarà una bella sfida per gli altri partecipanti.
Ascoltiamo R. L. Boyce, di Como— la cittadina del Mississippi che ha dato i natali a Fred McDowell —e pensiamo a quanto i suoi boogie siano diversi tutte le volte che lo ascoltiamo. Glielo chiediamo e ci risponde che il suo segreto sta «nell’improvvisazione, nel lasciarsi andare e quando lo fai la musica viene fuori sempre diversa.»
«Suono a istinto mi lascio trasportare dalle emozioni», ci spiega.
«Quello che sento qui», ci dice mettendosi la mano nel cuore, «si trasforma in musica grazie alla mia chitarra.»
Boyce, sessantaquattro anni, ha iniziato a suonare come percussionista per The Rising Fife and Drum Band di Otha Turner, suo zio. Ora suona la chitarra e canta. Nel 2017 è stato nominato ai Grammy per la categoria Best Traditional Blues Album (vinta dai Rolling Stones) con il suo album Roll and Tumble.
Ci racconta di lavorare a un nuovo album.
«Ci sto mettendo tutto me stesso, sarà un bel CD, ne sono sicuro.»
Spettacolare il set di Cedric Burnside. All’inizio solo lui — voce e chitarra acustica — e Patrick Williams all’armonica. Il blues è quello classico, dei vecchi tempi, completamente diverso da quello ritmico della seconda parte della performance, quando Cedric imbraccia la chitarra elettrica e Lightnin’ Malcolm lo accompagna.
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