Jesse Cotton Stone e il suo “Hell Country Blues”

Jesse Cotton

Francesca Mereu, Birmingham Alabama

La musica di Jesse Cotton Stone, trentacinque anni, è un blues energico, ipnotico che costringe la mente a non distrarsi e il corpo a seguirne il ritmo. È un blues che arriva dentro l’anima per regalare quelle emozioni che gli amanti di questo genere musicale cercano.

Abbiamo ascoltato questo artista, per la prima volta, lo scorso aprile nel Freedom House di Birmingham, un piccolo locale gestito da poeti e artisti.

La musica di Jesse consiste di spezie alquanto originali aggiunte alla tradizione del Delta blues acustico e ai vari stili suonati nel Nord del Mississippi. A questo mix si aggiunge il talento di ottimo entertainer dell’artista e il suo profondo rispetto per le radici a cui la sua musica attinge.

«La musica che suono viene dal Nord del Mississippi, ai grandi bluesmen di quella zona va il merito di aver creato questo ritmo», ha detto durante il concerto. «Sono stato fortunato ad aver avuto la possibilità di imparare da loro. Io sono solo uno studente del blues.»

Jesse Cotton Stone è nato nel Colorado, ma le autostrade e i grandi spazi americani sono stati la sua vera casa. Jesse viene, infatti, da una famiglia circense da ben tre generazioni.

«Mio padre è cresciuto viaggiando con una carovana. Mio nonno era un clown. Intratteneva il pubblico con i palloncini. Era molto bravo nella sua professione e la tradizione si è tramandata nella mia famiglia.»

I genitori di Jesse si sono incontrati in Florida («Erano entrambi degli hippy») e hanno continuato a viaggiare con le carovane circensi.

«Io e le mie due sorelle maggiori siamo cresciuti on the road. Uno dei ricordi che ho da bambino è quello di essermi svegliato una notte e di avere davanti un enorme campo deserto. I campi deserti, le grandi distese sono per me i posti dove più mi sento a casa.»

L’incontro e l’amore per la musica è avvenuto quando Jesse era ancora bambino, durante un viaggio dal Colorado a Kansas City. I genitori avevano portato solo tre cassette da ascoltare: interviste e musica di Jimmy Hendrix.

«Abbiamo ascoltato quelle cassette diverse volte. Quando siamo arrivati a Kansas City ho chiesto a mio padre chi avesse insegnato a Jimmy Hendrix a suonare. Anch’io, gli ho detto, volevo suonare come lui. Mio padre mi ha detto che Hendrix aveva imparato da solo, a orecchio, ascoltando i vecchi dischi blues di Muddy Waters e di Howlin’ Wolf. Ho pensato che avrei fatto anch’io così per imparare a suonare la chitarra.»

La madre gli regala la prima chitarra a sei anni.

«Era una chitarra rotta, comprata in un negozio dell’usato. Mia madre non poteva permettersi di pagare per aggiustarla e la riparò da sola. Era una chitarra classica, ma i miei mi dissero che mi avrebbero comprato quella elettrica solo quando avessi imparato a suonare la classica.»

Jesse aveva, però, una grande collezione di macchinine della Matchbox, alcune abbastanza rare, e, qualche anno dopo, le vende a un negozio di antiquariato. Si compra, così, la prima chitarra elettrica e un piccolo amplificatore.

«Ero ossessionato da quella chitarra. La suonavo otto ore al giorno. Al tempo vivevamo su uno scuolabus e viaggiavamo in continuazione. (Noi bambini non abbiamo mai frequentato la scuola, studiavamo a casa). Mi ricordo la felicità che un giorno ho provato seduto fuori dallo scuolabus a suonare la chitarra e ad ascoltare il blues con le montagne del Colorado davanti.»

Viaggiare per l’America ha i suoi vantaggi. Con i genitori Jesse visita i locali dove si suona il blues, va nei festival del blues e nelle chiese nere per ascoltare i gospel. A dieci anni incontra il grande James Henry Cotton che, dopo averlo sentito suonare, lo riempie di complimenti e lo incoraggia a continuare dicendogli che è sulla buona strada. A dodici anni ha, invece, la fortuna di incontrare Junior Wells, cantante e suonatore di armonica, una figura molto importante del Chicago blues. Junior Wells lo invita a unirsi alla sua band durante un concerto in un club del Colorado.

«Quando siamo scesi dal palco, Junior Wells mi ha fatto sedere sulle sue ginocchia e mi ha detto di continuare a suonare, di non smettere di farlo perché avevo talento. È stato il più grande incoraggiamento per me.»

Quando Junior Wells muore nel 1998, Jesse è invitato nella House of the Blues di Chicago, per suonare in un concerto organizzato per ricordare il grande artista. Jesse divide il palco con musicisti come Lonnie Brooks, Magic Slim, Sugar Blue, Koko Taylor, e molti altri.

«Ricordo ancora l’emozione di quel concerto. C’era tantissima gente, così tanta che quando il pubblico urlava, non riuscivo a sentire niente.»

A diciassette anni Jesse scappa di casa con la chitarra e un po’ di vestiti. Viaggia per gli Stati Uniti e per mantenersi improvvisa show e suona in strada.

«Era molto difficile trovare delle gig, perché i minorenni dovevano sempre essere accompagnati dai genitori. Non potevo entrare nei club e neanche suonare alle jam session

In quel periodo Jesse incontra un gruppo di giovani hippy, viaggia con loro e si innamora della musica classica del Nord India. Fa lavori saltuari e riesce a racimolare i soldi per andare in California a studiare con Ustad Ali Akbar Khan, uno dei grandi maestri di musica classica del Nord India.

«La musica del Nord India mi ha dato tantissimo è stato un grande onore averla studiata da un grande maestro. Volevo ora integrarla con tutti i generi musicali che avevo appreso nel mio percorso. Volevo unire tutto il bello della musica che conoscevo. Ho chiamato questo progetto ambizioso “Algodon”, la parola spagnola per cotone. Era un progetto di elettro blues

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Per seguire il calendario di Jesse Cotton Stone e comprare la sua musica visitate il suo sito: https://jessecottonstone.com/home

 

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